Italia: le strade piene di rifiuti che portano ai resort di lusso. Una contraddizione che dice molto (troppo) di noi.
Esco quando voglio #85

Mi dispiace dirlo, ma è una scena fin troppo ricorrente: entri in una struttura turistica meravigliosa, magari tra le più premiate, con suite da copertina e servizio impeccabile… ma per arrivarci hai dovuto attraversare strade sporche, aiuole dimenticate, cassonetti stracolmi e sacchetti sparsi ovunque.
Succede spesso. E, diciamolo, succede quasi ovunque in Italia. Solo che, scendendo lungo la Penisola, la situazione peggiora. A nord le eccezioni sono rare; in certe aree del centro cominciano a farsi notare; più si va giù, più sembra la norma. Nessuno escluso, probabilmente con l’eccezione dell’Alto Adige, dove – sarà cultura, sarà rigore, sarà amore per il dettaglio – anche l’ultimo sentiero di montagna è una lezione di ordine.
Ma torniamo all’Italia “normale”. Quella in cui i resort fanno a gara per offrire l’esperienza perfetta ma ignorano il fatto che l’esperienza comincia dal vialetto d’ingresso. Ho parlato di recente con una manager esperta di hotellerie di fascia alta: era sconcertata dal contrasto tra l’eleganza della struttura 5 stelle che la ospitava in Sicilia e lo squallore delle strade circostanti. «Ma è possibile – mi diceva – che nessuno abbia il minimo senso estetico e di accoglienza appena fuori dalla proprietà?».
Lo capisco, non è compito del privato pulire lo spazio pubblico. Ma non è questo il punto. Il punto è: davvero ti è indifferente che il tuo ospite debba saltare sacchetti di rifiuti per raggiungere il cancello? Davvero non provi disagio nel sapere che il primo impatto visivo con la tua struttura è segnato dal degrado?
Io, lo ammetto, sono quasi clinico su queste cose. E il centro di Londra non è forse meglio del nostro Paese. A casa, in condominio, per strada: se vedo sporco, pulisco. Non per eroismo. Perché non tollero il disordine davanti agli occhi, anche quando "non è mio". E lo faccio qui a Londra come in Italia. E mi fa schifo farlo, al punto che poi mi devo disinfettare per ore, ma almeno mi sento meglio al pur temporaneo risultato.
E quando vedi scolaresche che escono per pulire i parchi, o gruppi di cittadini che organizzano “camminate col sacchetto”, ti dici: ecco, qualcosa si muove. Ma resta il fatto che il degrado è diventato troppo spesso qualcosa che si accetta, che si considera “inevitabile”.
Ricordo, anni fa, una polemica scoppiata a Noto, una splendida città d’arte, dopo un post indignato per la spazzatura nei campi circostanti scritto da
. Invece di scandalizzarsi per l’immondizia, ci si scandalizzava per chi aveva osato dirlo. Ma il problema restava lì: tollerato.Ecco perché continuo ad ammirare certe realtà del nord, dove anche dopo orde di turisti, piogge, mercatini e sagre, ogni centimetro è rimesso in ordine. Non perché ci sia più personale pubblico. Ma perché i privati intervengono per primi, in silenzio, per amore del luogo e per rispetto verso chi arriva.
Pulizia non è solo decoro. È rispetto. È bellezza. È parte dell’esperienza, del messaggio, dell’identità. E forse anche un termometro del nostro senso civico.
Sporcizia fuori, lusso dentro: ecco un’Italia che non ci possiamo più permettere.
PS: Sia ben chiaro che non lo faccio per denigrare certe zone d’Italia… anzi! Chi mi segue conosce bene la mia passione per la rigenerazione di molti di questi luoghi, che, appunto, non passa solo dal rimettere in piedi un immobile, ma anche il senso di bellezza che lo circonda. E chi ospita turisti dovrebbe dare l’esempio di quanto la bellezza possa significare valore, anche economico.